Del fuoco che arde nello stomaco di un poeta
Sono tornata e lo faccio con uno dei miei libri preferiti. Con un animo con cui mi sento in sintonia, con un coraggio che vorrei poter avere anch’io. Sperando di offrirvi uno spunto e forse la voglia di rimettere il naso in un vecchio libro polveroso.
- Ascolta bene Cranly, disse. Mi hai chiesto cosa farei e cosa non farei. Ti dirò cosa farò e cosa non farò. Non servirò più ciò in cui ho smesso di credere, che si chiami casa, patria oppure chiesa. E proverò ad esprimermi, vita e arte, nel modo più libero e completo possibile, usando in mia difesa soltanto le armi che mi permetto di usare: il silenzio, l’esilio e l’astuzia.
Cranly gli afferrò il braccio e lo fece girare in modo da tornare indietro verso Leeson Park. Rise quasi scaltro e strinse la presa con l’affetto di un fratello maggiore.
- Astuzia, dici! Saresti astuto tu? Oh, povero, povero poeta!
- E mi hai fatto confessare, disse Stephen, acceso da quel contatto, come hai fatto così tante altre volte, non credi?
- Sì, ragazzo mio, disse Cranly, ancora sorridente.
- Mi hai fatto confessare le paure che ho. Ma ora ti dirò anche ciò che non temo. Non temo di essere solo o di essere respinto per un altro o di lasciare qualsiasi cosa debba lasciare. E non ho paura di commettere un errore, anche un errore grande, un errore lungo tutta la vita e forse anche l’eternità.
Cranly, tornato serio, rallentò il passo e disse:
- Solo, davvero solo. Non hai paura di questo. Ma lo sai che cosa significa? Non soltanto essere isolato da tutti, ma non avere nemmeno un amico.
- Correrò il rischio, disse Stephen.
***
Correrò il rischio. L’ho sempre fatto.
Bentornata.
Stephen? Sei proprio tu? 🙂 Grazie <3